06 febbraio 2006

manifesto dell'editoria nomade (seguito)

DRIIN. Al telefono Sammy Harkham, dalla California annuncia una storia dopo l'altra. Cambia le carte in tavola, come Groucho Marx quando gli chiedevi "di cosa parla il suo prossimo film?". E un delirio ebraico dadaista senza posa…poi finalmente (squillino le trombe) si confessa: lavorerà alla sua personale rilettura del mito del Golem, a cavallo tra James Whale e la Thorà. Imbevendo di una umanità dolente le vicende del famoso mostro di mota. Arte sequenziale, avventura , minimalismo, gioco di specchi. La sua personale rivista si chiamerà 'Crickets'. Io trovo che è un nome che gli assomiglia, Sammy è un po' il grillo parlante della nuova geniale generazione americana. In breve infatti diviene "il nostro agente all'havana" e organizza l'unità americana per sconfinare in nuove narrazioni. Entrano entusiasticamente a fare parte di questa redazione allargata Kevin Huizenga, Ron Rege Jr. e Anders Nilsen.Il fumetto ruggente degli anni venti/trenta, viene evocato. Lo zio Segar si presenta, ma non è Popeye che troviamo sulle pagine dei nuovi americani. "Vogliamo la nuova tenerezza, portiamola nel quotidiano". Nitriti di gioia made in USA.
Frattanto in Europa l'attività è febbrile: Bruxelles, inverno 2003. Incontro Blutch, che si dichiara disposto a aderire. Abbiamo amato la tua "vitesse moderne": vogliamo aprire porte e finestre al vento della libertà creativa, dichiaro, ma Blutch mi fulmina: è già altrove, "adesso disegno direttamente a penna, voglio fare altro". Ci intendiamo su un piano obliquo, a cavallo tra improvvisazione jazz e racconto dada. Cosa ci riserba il futuro?

(segue)