16 febbraio 2006

manifesto dell'editoria nomade (seguito 3)




Frattanto Leila Marzocchi, nella sua casa parigina, lavora alla stesura di un'opera fumista; omaggio disincantato alla narrazione a-storica e a-realistica. Stile graffiato, evocativo e notturno. Leila cerca febbrilmente delle anguille da disegnare nella prima copertina di Niger la sua rivista "particuliere" che vedrà la luce a ottobre.

Io frattanto sto bevendo un earl grey in compagnia di due vecchi amici: Jerry Kramsky e Lorenzo Mattotti. Siamo nello studio di quest'ultimo, circondati di pitture. Si parla di racconti, di una possibile finestra periodicamente aperta sul mondo di un autore, per potere scrutare la fucina in lavorazione. Conosco il lavoro di Lorenzo, fatto di ricerche sull'evocazione a più livelli. Disegni, pitture, fumetti, segni tout court. Ci si domanda, cosa possa aderire a quella idea. Poi Lorenzo ha una illuminazione. C'è una storia che ha cominciato anni fa e che vorrebbe riprendere e continuare. Questa storia è una ipotesi di narrazione. Procede per tappe visionarie. Condotte con rigore e quella libertà che Art Spiegelman definisce "il danzare con il disegno" che ha fatto grande Mattotti. Cerchiamo un titolo per la sua rivista, la notte sogno con lo stile di Mattotti. E di giorno, lo chiamo al telefono e gli dico: ho sognato con il tuo stile, forse ho un titolo. Ti piace Chimera? Lui lo soppesa, questo titolo. "Chimera" dice. "Sì, va bene". C'est parti.

(segue)